La nostra storia.

Ti racconterò la nostra storia, affinché tu capisca meglio la nostra esigenza di restare unite.

La nostra vita non è iniziata nel migliore dei modi: non ricordiamo esattamente come e quando, ma da cucciole siamo finite in un brutto canile della Sardegna, nel quale abbiamo passato ben 10 anni della nostra vita, nella stessa cella, tra 4 mura ammuffite e senza vedere nient altro che del cemento, una ciotola con dell'acqua poco fresca e una figura umana che una volta al giorno ci buttava del cibo a terra e ogni tanto entrava e svuotava il box dai nostri escrementi, senza mai degnarci di una carezza, di uno sguardo, di una buona parola... Ci siamo fatte forza a vicenda e siamo sopravvissute in quelle condizioni unicamente grazie alla forza l'una dell'altra. Mia sorella Marla mi ha sempre fatto da scudo di protezione, lei è sempre stata quella più impavida, mentre io cercavo soltanto di far finta di non esistere, mettendomi in un angolino nella speranza di non essere maneggiata da quell'umano così freddo che mi faceva tanta paura.

Un giorno, due anni fa, entrò nel nostro box un umano diverso, che non avevamo mai visto prima, puntò un aggeggio verso di noi, fece un commento dal tono molto dolce e pieno di pena e dopo breve andò via, per poi ritornare dopo qualche settimana, tirandoci fuori da quel box con la forza. Capimmo solo dopo mesi che quell'umano era un volontario che ci aveva notate e ci aveva fatto delle foto, foto che arrivarono all'associazione che decidette di prendersi cura di noi e darci una possibilità, nonostante la nostra età avanzata.

Passammo qualche tempo in uno stallo in Sardegna dove facemmo la prima visita veterinaria (mai fatta prima) e poi fummo caricate su un furgone attrezzato, quindi viaggiammo per un giorno intero fino a Torino, dove fummo accolte in un centro di recupero e finalmente iniziammo ad assaporare quella che poi capimmo essere la normale, degna di essere chiamata tale, vita di un cane.

Inizialmente non fu per niente semplice: non sapevamo camminare "dritte", non essendo abituate a spazi aperti, ma solo ad un box ristretto, camminavamo in tondo. Anche se quelle mura cementate che vedevamo da 10 anni non c'era più, la gabbia immaginaria si era radicata dentro la nostra testa tanto da condizionare i nostri movimenti ed i nostri comportamenti anche in sua assenza. Le operatrici ci misero diverse settimane, lavorando ogni giorno, per farci capire come camminare e specialmente per farci capire che potevamo usufruire degli spazi che avevamo a disposizione. Inizialmente la vivemmo come una tortura, ma col tempo capimmo che la passeggiata al guinzaglio era qualcosa di piacevole e anche che in fondo, gradivamo doverci spostare per mangiare e passare del tempo assieme ad altri cani.

Ma per un anno intero non prendemmo fiducia nell'umano. Capimmo che il contatto degli operatori non era dannoso per noi, tuttavia ancora non ne capivamo l'utilità e non siamo mai andate a cercarlo, lo subivamo e osservavamo in silenzio. Prima di arrivare a Torino non avevamo mai fatto un check up completo di salute, perciò fummo anche ribaltate come un calzino dai veterinari (ora abbiamo una cartella clinica dettagliata che fa invidia a molti umani) e siamo persino state dal dentista che ci ha curato la bocca!

Dopo sei mesi di permanenza al centro di recupero fummo spostate a casa dei volontari per essere educate ad una vita da appartamento e preparate per una vera adozione. Stare a stretto contatto con gli umani ci ha fatto bene, e cambiammo diverse case per essere sempre più socievoli ed impavide, abbiamo imparato ad uscire in passeggiata, anche nel bel mezzo della città e a come comportarci in casa, con i cuccioli di umano, con gli altri cani e con i gatti.

I nostri volontari ebbero così modo di capire esattamente quale tipo di adottante fa per noi!